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Confermati i limiti della nozione di imballaggio respingendo appelli Conai e Polieco

Confermati i limiti della nozione di imballaggio respingendo appelli Conai e Polieco

lunedì 19 maggio 2014/Categorie: Sentenze

La Corte d’Appello di Roma con la sentenza pubblicata il 12 maggio u.s. ha rigettato i due contrapposti appelli: quindi sia l’appello proposto dal Conai-Corepla che l’appello proposto dal PolieCo. Si trattava delle impugnative contro una nota sentenza del Tribunale di Roma (la n. 16818/2007) che aveva cercato di dare una definizione di “imballaggio” con riferimento al d. Lgs. n. 22/97 (il cosiddetto Decreto Ronchi) e quindi alla disciplina esistente all’introduzione del giudizio (22 luglio 2003), con l’attenzione accentrata sugli “shoppers”. Appunto con la decisione di primo grado, quindi quella nel 2007, che evidentemente aveva lasciato scontenti tutti, era stata successivamente impugnata sia dal Consorzio Conai-Corepla, che poi dal Consorzio PolieCo.
Peraltro il Conai aveva lamentato che il Consorzio PolieCo, nel contestare la natura di imballaggio di alcuni beni, avesse finito con l’integrare una indebita ingerenza nella attività istituzionale del Conai stesso, ed aveva così avanzato una richiesta di danni. Tale richiesta di danni a carico del PolieCo è stata rigettata [come del resto aveva già fatto il Tribunale, anche] dalla Corte d’Appello di Roma sulla considerazione che «appare fuori discussione il fatto che la definizione di “imballaggi” costituente oggetto della presente causa fosse oltremodo controversa».
La Corte ha poi ritenuto di dovere limitare la sua decisione circa la qualificazione di imballaggio solo sulla base della legislazione vigente all’epoca delle contestazioni, e quindi al 2003, con la precisazione che ogni riferimento alla legislazione successiva a quell’anno computo dal giudici di primo grado doveva considerarsi «solo per completezza di motivazione, ad abundantiam» e fissando a quel momento (il 2003) gli effetti dell’accertamento.
V’è da dire, anzi, che il rilievo della Corte d’Appello che le direttive successive possono essere utilizzare per fornire «criteri esplicativi utili sul piano interpretativo» per meglio comprendere la portata di precedenti norme ci riporta alla realtà dell’esistenza della Direttiva n. 2013/2/UE che costituisce una interpretazione autentica delle norme sugli imballaggi, precisandone l’importanza della funzione affinché possa essere stabilito ciò che è bene e residualmente imballaggio: così come affermato dall’ultima attualissima sentenza del Tribunale di Roma sulla materia (la n. 8131 del giorno 8 aprile 2014).
Peraltro la sentenza dovrà essere usata per ancor più limitare l’interpretazione della definizione di imballaggio cosicché – oltre, come sopra ricordato, a doversi qualificare un manufatto quale imballaggio o meno solo in funzione del manufatto e non guardando alla struttura di questo - data la prevalenza della giurisprudenza Europea «vincolante per tutti i giudici degli stati membri» [giusto il riferimento più volte fatto alla nota sentenza della Corte di Giustizia resa nella causa C-341/01, ove, al punto 50 si afferma che «D'altro canto, il prodotto deve ricadere in una delle tre categorie di imballaggi elencati e definite dall'art. 3, punto 1, secondo capoverso, lett. a)-c), della direttiva 94/62»] la lettera a) dell’art. 218, comma1, dlg 152/2006 non ha valenza autonoma né “autosufficienza” ai fini dell’individuazione degli imballaggi e non specifica una quarta e più estesa categoria rispetto alle tradizionali “primario”, “secondario” e “terziario”.
 

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